Chiesa Sant’Antonio
La costruzione della Chiesa dedicata a S. Antonio di Padova è iniziata nel 1665 ed è stata completata nel 1670.
Questa chiesa è stata eretta per volere degli Joppolo, come si evince chiaramente da un’iscrizione nella parete sopra l’altare maggiore dove si legge: “Al Divini Antonio di Padova taumaturgo, questa chiesa la Famiglia Joppolo dedicò e diede nell’anno del Signore 1670”.
Posteriore è invece il campanile che venne eretto nel 1740.
L’edificio ad unica navata con abside semicircolare, misura mt. 9.40 per mt. 30.
La facciata presenta un portale a timpano spezzato su di un architrave, una finestra rettangolare e in alto un finto rosone.
All’interno il monotono intonaco bianco delle pareti è scandito in maniera ritmica da lesene doriche con stucco dorato, ottenendo nell’insieme quell’eleganza tipica del tardo barocco siciliano.
L’abside originariamente era separata dalla navata mediante una balaustra in ghisa, oggi perduta. Qui si trova l’altare che custodisce il tabernacolo, realizzato in legno intagliato e lavorato secondo la tradizione francescana.
Entrando e percorrendo la chiesa troviamo sul lato destro, in ordine, l’altare di S. Pasquale, del SS. Crocifisso ed Ecce Homo, dell’Immacolata Concezione e di S. Anna. Mentre sul lato sinistro possiamo osservare San Benedetto il Moro, S. Gioacchino, San Calogero, San Giuseppe e San Francesco D’Assisi. Si pensa che la distribuzione odierna non ricalchi quella antica che vedeva probabilmente tre altari per lato. Sotto la cantoria, da dove i Signori assistevano alle funzioni religiose lontani dalla gente comune, fu realizzata un’edicola singolare nel suo genere. Questa è formata da sei colonne tortili, che nel loro movimento a spirale ricordano le colonne del baldacchino dell’altare di San Pietro in Roma.
All’interno dell’edicola si erge la statua di San Benedetto detto il Moro.
Menzione a parte merita la raffigurazione di Sant’Antonino, patrono del paese, presente sul coperchio massiccio e bombato di una cassa posta nello spazio centrale del coro, sull’altare maggiore, contenente le spoglie mortali di Ludovico Joppolo (figlio di Pietro) «che fu tra i grandi di Spagna, colonnello della cavalleria dell’esercito del re cattolico e morì nel 1732 combattendo valorosamente contro i mori, sotto Orano». Questi prima di morire chiese che il suo cuore venisse conservato nella chiesa di San Antonio da Padova. Il desiderio fu esaudito il 1° Maggio del 1733 ed il cuore, custodito in una urna di piombo e deposto nella cassa suddetta, venne portato a Cianciana e conservato in questa chiesa.
Fino al 1885, anno in cui venne creato il cimitero ad est dell’abitato, l’edificio di culto veniva utilizzato anche per la sepoltura dei defunti: infatti attraverso una botola che si trova vicino all’altare, si accede ad ambienti adibiti a fosse comuni, comunicanti con un stanza destinata al deflusso dei liquidi organici. Mentre nei loculi lungo le pareti, venivano deposti i cittadini illustri.
Passando alla sagrestia, questa faceva parte del convento ed era adiacente alla chiesa. La comunicazione con essa avveniva attraverso una porta sul lato destro dell’abside. Ancora oggi si possono ammirare gli affreschi sulla sua copertura a volta, al centro della quale è raffigurato il carro di fuoco tirato da un cavallo che alza la testa e sembra osservare la scena, condotto dal profeta Elia. Questo affresco è circondato da festoni che volteggiano agli angoli della Sagrestia sui quali sono presenti delle scritte leggibili seguendo il senso orario.
CONVENTO DEI FRANCESCANI MINORI RIFORMATI
Il convento nasce dalla volontà di Don Diego Joppolo, Duca della Terra di Sant’Antonino, che con una richiesta fatta già nell’anno 1663 si impegnava direttamente a sostenerne le spese di costruzione ove l’elemosina non si fosse dimostrata sufficiente.
Nell’anno 1665, dopo l’ottenimento della licenza da parte della Sacra Congregazione, iniziano i lavori di costruzione che verranno completati nell’anno 1670.
Il luogo scelto per la realizzazione del convento, con l’annessa Chiesa di S. Antonio, fu individuato lungo la Regia Trazzera delle Lettighe che congiungeva Agrigento con Palermo, al di fuori del nucleo abitato, in un luogo solitario denominato Piano dell’Oca. Il convento comprendeva anche un podere detto “La Sirba”.
L’edificio si sviluppa su due piani, oltre al piano seminterrato, attorno ad un chiostro di forma rettangolare. Questo occupa una superficie di mq. 178, al centro della quale si trova una cisterna di forma ottagonale. Quest’ultima è contornata da un basamento che ripropone la forma ottagonale amplificandola.
Il chiostro è delimitato da un colonnato con capitelli di stile dorico, su cui si impostano archi a tutto sesto modanati. Nel porticato le campate sono costituite da una successione di volte a crociera.
Con il passare del tempo, a causa della suddivisione del convento fra differenti proprietari (Chiesa, Comune e Provincia), diverse arcate sono state murate ed il solo lato che mantiene la sua originaria impostazione architettonica è quello che veniva utilizzato dai Regi Carabinieri.
Al piano seminterrato si trovano gli ambienti originariamente destinati a cantina, dispensa, deposito ed altro. Mentre al piano terra ci sono quattordici ambienti, la sagrestia, il refettorio, la cucina e la portineria. Al primo piano, su un ampio corridoio illuminato da finestre che si affacciano sul chiostro, si aprono trentacinque ambienti utilizzati per dormitorio e per il raccoglimento individuale.
Sul lato nord del convento, accanto alla chiesa, sorgeva un oratorio che occupava una superficie di mq. 168, avente lati di mt. 30 x mt. 6.30, dedicato a San Calogero. Ad esso si poteva accedere attraverso una porta del coro della chiesa, oggi non più esistente a seguito dei restauri del 1968. Già negli anni trenta questo grande oratorio era un rudere, come il baglio ad esso adiacente, che veniva utilizzato per il ricovero dei muli a servizio dei frati francescani.
Nell’anno 1866, per la legge di abolizione delle corporazioni religiose, fu soppresso il Convento di Cianciana. L’edificio venne quindi incamerato dal demanio e la chiesa attigua fu chiusa al culto, mentre la “Silva”, annessa al convento, fu venduta ad un privato.
Il Convento non fu solo centro di ricchezza spirituale e morale, infatti, nonostante la povertà del territorio ciancianese, numerosi erano gli oggetti sacri in oro e in argento, le tele preziose dipinte ad olio ed altri suppellettili ivi custoditi. Tutto questo risulta da un inventario fatto il 09/04/1879 che però non trova riscontro nel 1939, quando il complesso passò dal Comune di Cianciana all’autorità Ecclesiastica.